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venerdì 18 settembre 2015

IMMIGRAZIONE: UNA SOLA SOLUZIONE

L'immigrazione alla lunga è una risorsa e questo concetto ben lo dimostrano gli Stati Uniti d'America, ove i flussi migratori di civiltà e culture le più disparate tra loro hanno contribuito a forgiare un grande paese, indiscusso esempio di democrazia e sviluppo economico. Negli USA l'integrazione razziale, lasciate al giudizio della storia le tristi pagine della schiavitù dei negri e la successiva loro segregazione sociale, si esprime ora il suo massimo livello con un Presidente nero.

L'integrazione dell'immigrazione come dimostra la storia americana è un percorso faticoso e lungo. Oggi, purtroppo, l'Europa non è in grado in pochi mesi di assorbire l'impatto sociale ed economico dell'enorme flusso migratorio che pressa ai propri confini. Non lo consentono le precarie condizioni dell'economia europea con paesi, quali l'Italia, ove il tasso di disoccupazione è a due cifre. Non lo consente l'incapacità della classe politica nell'assumersi responsabilità, nel prendere decisioni di ampio respiro, nel gestire l'emergenza sociale e sanitaria che un simile flusso migratorio comporta. 

L'emergenza non va gestita solo con operazioni di ordine pubblico interno – peraltro necessarie, ma attualmente insufficienti – ma soprattutto con la ripresa di una politica estera europea nei confronti dei paesi costieri principali produttori del fenomeno migratorio. Va perseguita una “realpolitik” sia con i contatti ufficiali, sia con i rapporti riservati, con il fine unico di creare stabilità in quei paesi e contribuire alla nascita di governi credibili. Un'azione politica di questo tipo avrebbe almeno tre buoni motivi per essere perseguita da subito e senza indugio. In primis si creerebbero i presupposti per rilanciare l'economia europea con fondi e interventi sovvenzionati dalla UE o dai singoli stati membri per la ricostruzione e/o lo sviluppo dei paesi costieri del nord Africa e del medio oriente, coinvolgendo l'imprenditoria occidentale nelle opere da realizzare in loco. Il secondo vantaggio si avrebbe dall'arresto dei flussi migratori clandestini, quale conseguenza di una ritrovata stabilità economico-sociale in quei paesi, ove si aprirebbero prospettive di sviluppo. La terza conseguenza, non meno importante delle precedenti, sarebbe l'inevitabile prosciugamento delle sacche di emarginazione da cui vengono arruolati i terroristi.

Questa è l'unica soluzione in grado di arrestare lo Tsunami migratorio, che rischia di dare il colpo finale e decisivo al precario equilibrio del vecchio continente, con il rischio di "mediorientalizzare" l'Europa. Tutto il resto sono chiacchiere di politicanti improvvisati, che stanno affondando i loro paesi per l'incapacità e l'ignavia della loro miope e scriteriata condotta. Come è sempre più simile questa Europa del terzo millennio a quella dei pasciuti signorotti medioevali arroccati inutilmente e precariamente nel loro fragile castello a difendere i loro privilegi!

mercoledì 1 luglio 2015

LAVORO ... A PERDERE!

Giugni, Treu, Biagi, sono nomi che nel bene e nel male hanno segnato veri momenti riformatori della legislazione del lavoro italiana. Ognuno di loro ha portato un contributo originale e caratteristico, che si sforzava di interpretare le esigenze complesse e articolate del mondo del lavoro. Costoro hanno cercato di conciliare le spesso contrapposte posizioni di lavoratori e datori di lavoro.
Giugni rimarrà il padre della legge 300/1970 più nota come Statuto dei Lavoratori, Treu l'innovatore che con la legge 196/1997 dà cittadinanza al lavoro interinale e al tirocinio; Biagi, infine,  verrà ricordato come il coraggioso - coraggio pagato con la vita! - che, recependo i mutati tempi, che avevamo ormai soppiantato il mito del posto fisso, porta la flessibilità nel mondo del lavoro in tutte le sfaccettature possibili: a chiamata, condiviso, a progetto, accessorio, ecc. .
Poi è arrivata la cosiddetta controriforma Fornero (L.92/2012), che è intervenuta sul delicato equilibrio del mercato del lavoro con il fine evidente ed esclusivo di "far cassa". Tutta la riforma è costellata da balzelli contributivi che ruotano intorso all'ASPI - ora NASPI - e da ferraginosi meccanismi pre e para contenzioso. Con la legge Fornero si pensava di aver toccato il fondo; e invece no! Renzi ha saputo far di meglio - rectius - di peggio!
Dopo un anno di chiacchiere e di annunci anglicizzanti all'insegna del Job Acts, il bilancio è pressoché inconsistente se non negativo, tant'é che l'economia continua a languire e la disoccupazione a crescere. Le tante leggine in materia di lavoro - tutte soprannominate Job Acts, tanto per aumentare la confusione! - hanno come elemento comune l'essere brutte scopiazzature dei testi normativi che sostituiscono. 
Il D.lgs 81/2015, l'ultimo della serie dedicato a vari tipi di contratto, ha anche il pessimo record di essere entrato - in assenza di motivazioni di urgenza - in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ignorando il principio costituzionale, sancito all'art.73, che le leggi entrano in vigore quindici giorni dopo la loro pubblicazione.
Mentre la politica si trastulla tra inglesismi e sofismi, il lavoro prende altre strade che portano tutte a delocalizzare la produzione fuori dall'Italia, la quale così ogni giorno che passa perde un pezzo di sè, della sua storia e del suo futuro!

venerdì 1 maggio 2015

1° maggio Festa del Lavoro o della Disoccupazione?

Il 43% dei giovani sono disoccupati, la disoccupazione generale supera il 13%, toccando il suo picco più alto dal dopoguerra in poi. E' questo il triste scenario in cui si celebra in Italia il 1° maggio Festa del Lavoro.
Celebrazioni in cui sindacati e forze politiche dovrebbero recitare il mea culpa per aver fattivamente contribuito ad un tale disastro socio-economico.

Da parte politica le ultime serie misure di incentivo all'occupazione sono quelle degli ormai lontani tempi dei primi governi Berlusconi con gli incentivi agli investimenti (legge Tremonti) e alla produzione dei lavoratori con la tassazione ridotta degli straordinari, con l'introduzione della flessibilità del mercato del lavoro (legge Biagi), con la riduzione della pressione fiscale sia a livello statale sia a livello locale (abolizione ICI).

Da allora in poi politica e sindacati hanno lavorato nella direzione opposta, creando vincoli e burocrazia al mercato del lavoro (legge Fornero), creando in continuazione nuove tasse (IMU, IUC, TASI …) e questi oggi sono i risultati. La disoccupazione è non solo il frutto di una temporanea contrazione del mercato, ma è anche la conseguenza della delocalizzazione della produzione. Grandi aziende che trasferiscono molte lavorazioni in paesi lontani (Nord Africa, Est Europa, Asia), ove i costi del lavoro sono nettamente inferiori, ma anche piccoli imprenditori del Nord Italia, che molto più realisticamente trasferiscono famiglia e azienda nella vicina Svizzera.

L'inversione di tendenza in Italia può avvenire solo con un radicale ridimensionamento del peso fiscale e normativo che come un maglio pesa sul mondo del lavoro. Renzi la smetta di trastullarsi con anglicismi vuoti di contenuti quali il “jobs act” e dia avvio ad una politica di riforme liberali che riducano il costo del lavoro, riportandolo a livelli di concorrenzialità in Europa, avvii una politica di riduzione della pressione fiscale. Solo così l'Italia potrà ritrovare per le nuove generazioni un futuro che non sia fatto di disoccupazione o di forzata emigrazione.

venerdì 24 aprile 2015

Lo Tsumani umano di clandestini sulle coste italiane risveglierà l'Occidente?

L'immigrazione clandestina afro-araba è il frutto avvelenato del pseudo buonismo ipocrita europeo. L'Europa del secolo scorso non ha saputo superare il senso di colpa indotto dal suo pregresso colonialismo e ha avviato una politica di disimpegno e deresponsabilizzazione nei confronti delle popolazioni dell'altra sponda del Mediterraneo. 

Queste popolazioni, con un assetto sociale ancora tribale, si sono così trovate impreparate ad affrontare le regole della democrazia e sono subito precipitate nell'anarchia più totale. L'ordine nel dopo colonialismo è stato ripristinato dai militari, che paradossalmente erano gli eredi indigeni diretti del colonialismo stesso. La casta militare era l'unica forma di organizzazione stabile in grado di garantire - anche con la forza delle armi - la pace tra le varie fazioni. Sono così nati i regimi militari dell'Algeria, dell'Egitto, della Libia, della Siria, dell'Iraq, dell'Iran.
L'inevitabile deriva autoritaria di questi regimi militari ha allontanato ancor più l'Europa dal nord Africa, fatto salvo il sempre fiorente e coltivato business del petrolio e delle armi. Nel nome del buonismo democratico l'Europa ha poi simpatizzato per gli oppositori interni ai regimi militari. Al potere dei militari si andava contrapponendo il potere secolare della religione islamico-integralista. E così l'Occidente ha dapprima lasciato cadere lo Scià di Persia, poi è stata la volta del Libano, dopo è toccato a Saddam Hussein in Iraq, poi sono esplose le primavere arabe che hanno abbattuto le dittature militari dei vari Mubarak, Gheddafi e Assad, lasciando spazio alle tirannie integraliste dei vari aspiranti Califfi. 

Nel Nord-Africa, così, regna di nuovo il caos e il terrore del fanatismo islamico dell'ISIS, ma essendo il tutto accaduto per mano indigena non ha turbato più di tanto le ipocrite coscienze europee. La rinuncia del mondo occidentale al proprio ruolo di interlocutore e punto di riferimento delle genti del nord Africa ha portato solo guerre e distruzione. 

Ora però che il caos dilaga oltremare con uno tsunami umano quotidiano si scopre che bisognava fare di più prima che la situazione degenerasse. Di fronte ad un dramma socio-politico di tali dimensioni - parliamo dell'intera costa sud del Mediterraneo in forte destabilizzazione - l'uscita del duo Alfano-Renzi "affondiamo i barconi nei porti" è più che demenziale, direi da perizia psichiatrica! Come pensano di identificare tali imbarcazioni? Come pensano di distinguerle dalle scassate barche da trasporto, quali in effetti esse sono? Per non parlare delle difficoltà operative, delle problematiche giuridiche, ecc. 

Sicuramente l'uscita è in linea con la risibile operazione Triton (dal costo tutt'altro che irrisorio di tre milioni di euro al mese) che l'Europa ha avviato lo scorso novembre, coinvolgendo 21 nazioni - ma con solo 12 mezzi! - per la messa in sicurezza delle frontiere del Mediterraneo.

E' ora di assumersi la responsabilità di difendere le nostre genti dall'immigrazione indiscriminata e clandestina; è necessario riprendere a tutti costi un ruolo di gendarme nel Mediterraneo per ridare tranquillità e futuro anche alle popolazioni afro-arabe, oggi più che mai vessate dalle tirannie delle teocrazie integraliste e dilaniate dai conflitti tribali interni.

La soluzione passa per una politica di intervento sì, anche militare nell'immediato se necessario a partire da eventuali blocchi aereonavali, ma anche e soprattutto nel medio e lungo termine da una politica di intervento economico che si relazioni con i settori più laici e moderni di quelle sponde del Mediterraneo, che mai come ora è stato così poco Mare Nostrum!

domenica 1 febbraio 2015

Grigio, il colore della Presidenza della Repubblica Italiana

La massima carica istituzionale della Repubblica italiana – la Presidenza – rimane appannaggio della terza età avanzata: da un Presidente calvo ultraottuagenario a un neo Presidente “grigio”, che a termine mandato avrà 80 anni.

Grigio, il primo atto in pubblico del neo Presidente, recatosi alle fosse ardeatine. Il luogo dell'eccidio nazista avvenuto nel lontano 1944, pur rimanendo un luogo della memoria, è sicuramente quanto di più lontano e remoto ci sia oggi dai problemi dell'Italia del terzo millennio. 

Grigio, il suo trascorso politico risalente ai governi De Mita, Andreotti, D'Alema e Amato.

Grigio, per la legge elettorale che porta il suo nome -Mattarellum - che nel 1994, anziché recepire il sistema maggioritario invocato dagli italiani con i Referendum del 1993, partorì l'ingovernabilità del semi maggioritario/semi proporzionale (assegnazione dei seggi per tre quarti con il maggioritario e per un quarto con il proporzionale, oltre ad uno strano e sbilanciato meccanismo di “scorporo”per la tutela dei partiti minori). 

Grigio, quando Vicepresidente del Governo D'Alema definì nel 1999 l'ingresso di Forza Italia nel Partito Popolare Europeo "un incubo irrazionale". 

Grigio, quando nel 1999 nei due Governi D'Alema prima da Vicepresidente e poi da Ministro della Difesa negò ripetutamente - quanto fu poi accertato – che le morti per leucemia dei militari italiani impegnati in Kossovo fossero dovute all'uranio impoverito usato dagli americani.

Grigio, quando da orfano della Democrazia Cristiana fu tra i fondatori dell'ibrido Margherita durata il tempo di una primavera elettorale.

Grigio, quando nel 2001 fu paracadutato, lui siciliano, nel collegio sicuro di Trento.

Grigio, in un'Italia sempre più grigia e non solo per la crisi demografica,  il colore della Presidenza della Repubblica Italiana …