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domenica 28 aprile 2013

GOVERNO Sì, MA POI?

A cinque mesi dalla sfiducia al Governo Monti e a due mesi dalle elezioni l'Italia sta per provare il secondo governo della sua storia repubblicana guidato da esponente della sinistra "doc". Il primo fu quello di D'Alema, nei suoi due incarichi consecutivi che restò in carica 18 mesi, sostenuto da una maggioranza politica di centrosinistra, così come quelli guidati dall'ex democristiano Prodi. Ora, invece, si tenta la via tedesca della "Grosse Koalition", tutti appassionatamente insieme sull'onda della gravità della situazione internazionale ed italiana.
Dopo il governo tecnico Monti, sostenuto dalla sinistra e dalla destra con l'obiettivo di superare la bufera finanziaria, ora si assiste ad un governo che il neo Presidente  del Consiglio - Enrico Letta - definisce politico e di lunga durata, con il convinto appoggio del PdL, che schiera tra i Ministri, oltre al suo Segretario Alfano, uomini di primo piano. Meno entusiastico pare, a giudicare dai nomi coinvolti, l'appoggio del P.D. che deve ancora metabolizzare i fallimenti della gestione Bersani, culminata con le dimissioni dello stesso.
Il quadro non convince, poiché se il termine politico ha un senso di scelte non può esserlo un governo che rappresenta visioni e soluzioni totalmente differenti e contrastanti, salvo pensare che Grillo abbia ragione quando attacca il sistema dei partiti affermando che sono tutti uguali e d'accordo a mantenere il loro potere di casta.
Potrebbe essere questo un governo politico solo se fosse nato dall'accordo di traghettare fuori dall'emergenza istituzionale l'Italia, cambiando quelle regole necessarie a sbloccare la nostra democrazia. I concetti sono noti e già espressi su queste pagine (v. IL CORAGGIO DELLA RESPONSABILITA'), ma giova sinteticamente ribadirli: riduzione dei parlamentari, taglio dei costi della politica, riforma sistema elettorale - con preferenza unica - abolizione di finanziamenti e/o rimborsi pubblici ai partiti - su questi due ultimi punti si era già espresso in tal senso il popolo con due referendum- abolizione delle Province.

In questa situazione di assenza di una maggioranza politica, il Governo, anziché fondarsi sul manuale Cencelli dei nomi dei Ministri,  avrebbe dovuto fondarsi su un accordo - questo sì politico - di condivisione di un percorso ben delimitato di riforme istituzionali-costituzionali e di alcuni urgenti interventi di politica economica. Poi, una volta riscritte le regole del gioco democratico, rimettere il giudizio al Popolo sovrano con nuove elezioni.
Una soluzione siffatta - da praticare con un Presidente del Consiglio prestigioso, ma non uomo di partito di primo piano - avrebbe potuto decollare, già l'indomani del voto con il coinvolgimento anche del M5S, il quale tirandosi indietro avrebbe evidenziato tutta la sua irresponsabilità. Si sarebbero, così, guadagnati due mesi e si sarebbe potuto ringraziare e congedare l'ottuagenario (88 anni!) Presidente Napolitano, senza obbligarlo a fare il salvatore della Patria con un insostenibile secondo mandato dovuto alla negligenza e all'irresponsabilità dimostrata dai maggiorenti dei partiti.
Insomma, il Governo Letta è una soluzione non da terza Repubblica, bensì degna della prima, ove i tempi della politica risultavano lunghi e incompatibili con le esigenze ed emergenze della nazione, ma estremamente utili ai giochini di palazzo. In quegli anni poi l'opinione pubblica veniva emotivamente distratta dalle stragi e dal terrorismo dilagante - così da lasciare alla politica politicante tutto il tempo per le sue estenuanti trattative lottizzatrici. L'esordio di Enrico Letta non è dei più felici e gli spari innazi a Palazzo Chigi non sono sicuramente ben augurali.  
Siamo alla solita soluzione all'italiana, tardiva, pasticciata e dagli esiti incerti. Il programma verrà definito nelle sue linee generali nelle prossime ore, mentre le soluzioni concrete ai temi di programma individuato saranno oggetto di successivi incontri.
La sensazione e che di politico nella soluzione Letta ci sia solo l'accordo tra i partiti a tirare a campare e che sui temi si assisterà a inconcludenti confronti-scontri, l'esatto opposto di quanto aveva bisogno l'Italia!

giovedì 25 aprile 2013

P.D. ossia Pigliattutto Dovunque

La sinistra con un terzo del consenso occupa tutte le cariche istituzionali: Presidente della Repubblica, Presidenti di Camera e Senato, Presidente del Consiglio incaricato. E' il solito senso della democrazia e del pluralismo ereditato dalle loro origini comuniste, ove per governare  non è necessario essere maggioranza, ma è sufficiente occupare - non importa come - le leve del potere a prescindere da ogni altra considerazione. In questa ottica chi si oppone è nemico della loro concezione deviata di democrazia. 
L'attuale situazione di stallo politico - tre blocchi politici sostanzialmente equivalenti dal punto di vista numerico -  avrebbe consigliato di dare l'incarico a formare il governo a un uomo di area e non ad uno schierato come Enrico Letta. A due mesi dal voto nè M5S, nè PD hanno dimostrato senso di responsabilità e dello Stato. Nessuna di queste forze ha accettato la proposta del centrodestra di un governo a termine di larghe intese finalizzato a riforme istituzionali e costituzionali (riduzione numero parlamentari, soppressione di ogni finanziamento ai partiti, eliminazione delle Province, modifica della legge elettorale). Si è perso tempo prezioso, accrescendo la situazione di crisi  socio-economica, si è persa la grande occasione di portare a reale compimento le riforme, che a parole tutti teorizzano.

domenica 14 aprile 2013

Benvenuto, dott. Ingroia, nel profondo Nord!

Il magistrato Ingroia, dopo la - per lui - deludente parentesi elettorale, riprenderà servizio in Valle d'Aosta in funzione di P.M. . Ogni tentativo da lui attuato per evitare la Valle d'Aosta è stato vano. Annus horribilis per Ingroia il 2013, sconfitto nelle sue aspettative sia politiche, sia professionali. 

Ma stia tranquillo, dott. Ingroia, la Valle d'Aosta è ben diversa da quella patinata che appare sui media!

Qui, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 un suo predecessore - Mario Vaudano, allora procuratore capo - coniò la definizione di mafia di montagna. Dall'esperienza di Ingroia nel contrasto alla mafia e alle sue infiltrazioni nei gangli della pubblica amministrazione la Valle d'Aosta non potrà non trarne giovamento. La Valle d'Aosta, oltre ad essere terra di soggiorno obbligato per mafiosi di vario calibro, ne è anche scuola di perfezionamento. La mafia del sud, infatti, è molto primitiva e usa ancora mezzi inquinanti - piombo - che sporcano; qui al nord, invece, si usa il nobile "argent", che tutto silenziosamente  tacita. Il risultato è un velo opaco che uniforma il sistema Valle d'Aosta non nel segno dell'interesse pubblico, bensì di quello politico clientelare, ove tutto si muove su di un apparente tran tran amministrativo ben ordinato. Coloro che non stanno alle regole di questo sistema politicamente invasivo si trovano emarginati dall'enorme sistema socio-economico regionecentrico. A volte capita che il segnale debba essere più forte e così, soprattutto, nei cantieri edili accade che nottetempo alcuni automezzi vadano a fuoco. Di tutti questi roghi sino ad oggi l'unica certezza giudiziaria acquisita è che non si tratta di autocombustione!
In questo contesto si assiste al paradosso che il partito del particolarismo localistico esasperato, l'Union  Valdotaine, è diventato punto di attrazione della maggioranza dei meridionali, i quali sono una componente numericamente non indifferente della popolazione valdostana. È un pò come se gli extracomunitari votassero in massa Lega Nord!
Benvenuto, dunque, nel profondo nord - dott. Ingroia - ove scoprirà, infine, che la Valle d'Aosta - in estate calda quanto la Sicilia - è talmente diversa da quel nord che lei immagina che le sembrerà di non essersi mai mosso dal suo amato sud!

lunedì 8 aprile 2013

LeALI ai valori liberali del centrodestra




In Valle d’Aosta la Politica, da avanguardia di Democrazia e culla nobile dell’Autonomia, ove si aveva il confronto di idee e di proposte, è degenerata e degradata a dannosa commistione d’interessi pubblici e affari personali e trasversali ai partiti e agli stessi schieramenti politici.

Oggi nella nostra Regione è necessario ritrovare una dimensione etica che rimetta l’interesse pubblico al centro dell’azione di governo, al fine di tutelare la libertà e i diritti individuali di ogni cittadino.

In Valle d'Aosta l'area liberaldemocratica, in seguito al tradimento dei valori e principi liberali operato dalla dirigenza valdostana PdL, è rimasta orfana di un progetto politico coerente.

L'imminente appuntamento elettorale del 26 maggio per il rinnovo del Consiglio Regionale ha indotto i sostenitori di tali valori a formulare una proposta politica di alternativa al sistema clientelare e fallimentare delle forze cosiddette autonomiste, colmando il vuoto lasciato dall'abbandono di campo del PdL.

La costituzione della lista < LeALI > vuol essere per l'elettorato di centrodestra un punto di riferimento certo, fondato sulla lealtà politica e, dunque, sull'indisponibilità ad ammiccamenti e a ballottaggi elettorali filo-unionisti come, invece, già dichiarato dal PdL regionale.