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mercoledì 26 giugno 2013

Dinastie politiche? No Grazie!

La notizia è di quelle che ti lasciano più che perplesso: Marina, la figlia primogenita di Berlusconi, candidata dal padre alla successione politica di se stesso.
Non entro nel giudizio sulle qualità personali, umane, professionali, ecc. di Marina Berlusconi, le quali peraltro non conosco. Mi limito ad una considerazione: le dinastie, se si escludono - ma nemmeno poi tanto - quelle delle monarchie, appartengono alla sfera dell'imprenditoria privata. La rappresentanza di un area politica, numericamente significativa come il centrodestra, non può passare come un affare di famiglia; se non lo capisce il quasi ottuagenario capostipite passi pure, ma almeno lo capisca con un forte "No grazie" l'erede designata. Diversamente Marina Berlusconi dimostrerebbe di non avere il DNA liberale che vorrebbero farle rappresentare!

domenica 9 giugno 2013

Etroubles si candida a rappresentare l'Italia e sbaglia il tricolore

L'adesione del comune di Etroubles all'iniziativa “Comune fiorito” è sicuramente positiva. Delle modalità grafico-pubblicitarie di adesione non può dirsi altrettanto. Con incredibile mix di distrazione e ignoranza l'Amministrazione comunale ha esposto l'iniziativa con un'immagine che nelle intenzioni dovrebbe rappresentare la bandiera italiana; peccato che i colori siano stati invertiti, facendoli iniziare dal rosso.
La gaffe è ancora più eclatante se si pensa che il Comune di Etroubles è uno dei i due candidati nazionali - insieme alla cittadina umbra di Spello - che rappresenterà l'Italia alla selezione europea 2013 di “Entente Florale”.
Possibile che a partire dal tipografo nessuno si sia accorto dello svarione?
L'inversione delle bande verticali non trova conforto neppure volendo risalire nella datata e complessa storia del tricolore, che a futura memoria di tipografi e Amministratori “distratti” riassumo brevemente nelle righe seguenti.

Breve storia del Tricolore a uso dell'Amministrazione comunale di Etroubles e... non solo!

«La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni». Così sancisce l'articolo 12 della Costituzione.
Le origini, però, sono molto più lontane nel tempo e risalgono alla prima campagna d'Italia di Napoleone, ancora giovane generale dell'esercito rivoluzionario francese. Il tricolore, con ordine dei colori ancora casuale e non predefinito, fa la sua prima comparsa nelle fila della Legione Lombarda che affiancava l'esercito invasore di Napoleone Bonaparte.
Bandiera Repubblica Cispadana 1796
Nel 1796 i colori rosso, bianco e verde posti in orizzontale diventano la bandiera della Repubblica Cispadana.
Il bianco e il rosso venivano dallo stemma comunale di Milano (come il blu e il rosso della bandiera francese erano i colori simbolo di Parigi), mentre il verde era il colore della guardia civica milanese. Il primo tricolore come oggi lo conosciamo nasce l'anno successivo, nel 1797 con la nascita della Repubblica Cisalpina, nata dalla fusione della Repubblica Cispadana e Transpadana e durata sino alla restaurazione operata dal Congresso di Vienna 1814-1815.

Il tricolore ricomparve, poi, durante tutti i moti d'indipendenza, dal 1831 sino al 1848, sventolato dai fratelli Bandiera come dalla Giovine Italia di Mazzini. Successivamente Carlo Alberto di Savoia, nel proclamare la prima guerra d'indipendenza il 23 marzo del 1848, annunciò al popolo «per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le Nostre Truppe portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana». 
Questo è il tricolore, che rappresenta l'Italia; altre combinazioni cromatiche sono solo colori senza dignità  patria e, dunque, inadeguati a rappresentare l'identità nazionale!

lunedì 3 giugno 2013

LA MITOSI UNIONISTA E IL FALLIMENTO DELL'AUTONOMIA

La politica valdostana è difficile da capire e ancor più da spiegare.
Le terze elezioni regionali del terzo millennio hanno visto concorrere tre movimenti di area unionista. La casa madre Union Valdotaine, la già consolidata ALPE - frutto della scissione di ormai otto anni fa - e la neonata Union Valdotaine Progressiste. La sommatoria dei voti di queste tre formazioni raggiunge la ragguardevole percentuale del 65%.
Nel 2003 l'Union Valdotaine nella sua unitarietà raggiungeva "soltanto" il 45%, incrementando di ben due punti e mezzo il risultato del 1998, nonostante la precedente legislatura avesse visto scoppiare lo scandalo dei ritiri calcistici e dell'organizzazione delle mostre, sfociato poi con l'arresto di un Assessore e di un funzionario e le dimissioni del Presidente della Regione. Cinque anni dopo, alle elezioni del 2008, con la scissione VdA Vive-Renouveau che diede poi vita ad ALPE, l'area unionista (U.V. più scissionisti) aumentava al 56,87%. Alle odierne elezioni del 2013 l'area unionista sempre più frantumata (U.V. - ALPE - U.V.P.) raggiunge quota 65,09%. 
La fase finale della mitosi
Sembra di assistere al processo di crescita cellulare per mitosi, attraverso il quale ogni cellula dividendosi di fatto si moltiplica.
In dieci anni l'area unionista è aumentata del 20%, nonostante le scissioni e i pessimi risultati nella gestione delle risorse pubbliche: dalla Ferrovia al Casinò di Saint Vincent, alle opere pubbliche incompiute (Aeroporto, trenino Cogne-Pila, Palaghiaccio Ayas, area megalitica, Torre dei Balivi, Area Cogne ...); nonostante i fallimenti della politica degli insediamenti industriale (Olivetti Jet, Tecdis, Balzano ...), i benefit persi (buoni benzina e generi alimentari in esenzione), ecc.. Altro dato su cui riflettere sono i condottieri di queste scissioni; uomini tutt'altro che vergini alla politica, anzi personaggi di primissimo piano nella scena politica regionale e uomini di potere che hanno ricoperto ruoli di grande responsabilità. La prima scissione aveva come ispiratori Roberto Louvin e Carlo Perrin, entrambi ex Presidenti della Regione, più volte assessori con tre legislature regionali nelle fila dell'Union Valdotaine, la seconda scissione ha come protagonisti Laurent Vierin, assessore per due legislature, e Luciano Caveri, Parlamentare di lungo corso, Presidente della Regione e più volte assessore. Personaggi questi poco adatti a rappresentare il nuovo e il cambiamento, soprattutto se si considera che quando avevano il potere di cambiare non l'hanno fatto!
Contrariamente ad ogni logica elettorale, che vede nelle scissioni l'inizio di una crisi con conseguente diminuzione dei consensi per l'area di riferimento, nell'elettorato valdostano si crea un effetto calamita verso i "fuoriusciti". La crisi economica, pur evidenziando l'inefficacia del sistema valdostano, alimenta paradossalmente il convincimento che solo entrando sotto l'ombrello clientelare si possa superare il momento di difficoltà. Gli scissionisti conquistano così consenso anche fuori dall'area di riferimento e la casa madre U.V. permane partito di maggioranza relativa.
Gli scissionisti unionisti vengono percepiti come l'alter ego del medesimo sistema, attirando così nuovi consensi da parte di coloro i quali non erano stati precedentemente beneficiati e sperano ora di ottenere i favori dal nuovo soggetto politico. Parte dell'elettorato valdostano vede dunque una continuità tra casa madre U.V. e scissionisti e individua in questi ultimi l'opportunità per entrare a far parte del giro dei nuovi favoriti.
Il fenomeno denota irrazionalità ed immaturità civica ed è indice dell'attitudine del'elettorato valdostano a preferire la sudditanza conveniente piuttosto che l'alea della libertà. Tale conclusione, d'altronde, trova  conferma nei dati dell'economia valdostana, fortemente dipendente dalle decisioni di palazzo regionale, non solo in termini di pubblico impiego, ma anche e soprattutto nell'ormai importante peso nell'economia valdostana svolto dalle società pubbliche a partecipazione regionale e nell'effetto che entrambi i centri pubblici determinano nei settori imprenditoriali - appalti - e professionali - consulenze e incarichi - ai quali si somma il settore pubblico controllato dalla regione (Sanità, Scuola, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale).
Il dato elettorale è anche la conferma che il cambiamento politico-amministrativo in Valle d'Aosta non può avvenire per "mitosi"; le scissioni non creano nuove prospettive, ma solo vecchie illusioni!
Il rischio finale è che prima del collasso endogeno del sistema, per l'incapacità ad autorigenerarsi, si assista ad una grossa coalizione unionista nel disperato e vano tentativo di evitare il fallimento dell'Autonomia valdostana.