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venerdì 1 maggio 2015

1° maggio Festa del Lavoro o della Disoccupazione?

Il 43% dei giovani sono disoccupati, la disoccupazione generale supera il 13%, toccando il suo picco più alto dal dopoguerra in poi. E' questo il triste scenario in cui si celebra in Italia il 1° maggio Festa del Lavoro.
Celebrazioni in cui sindacati e forze politiche dovrebbero recitare il mea culpa per aver fattivamente contribuito ad un tale disastro socio-economico.

Da parte politica le ultime serie misure di incentivo all'occupazione sono quelle degli ormai lontani tempi dei primi governi Berlusconi con gli incentivi agli investimenti (legge Tremonti) e alla produzione dei lavoratori con la tassazione ridotta degli straordinari, con l'introduzione della flessibilità del mercato del lavoro (legge Biagi), con la riduzione della pressione fiscale sia a livello statale sia a livello locale (abolizione ICI).

Da allora in poi politica e sindacati hanno lavorato nella direzione opposta, creando vincoli e burocrazia al mercato del lavoro (legge Fornero), creando in continuazione nuove tasse (IMU, IUC, TASI …) e questi oggi sono i risultati. La disoccupazione è non solo il frutto di una temporanea contrazione del mercato, ma è anche la conseguenza della delocalizzazione della produzione. Grandi aziende che trasferiscono molte lavorazioni in paesi lontani (Nord Africa, Est Europa, Asia), ove i costi del lavoro sono nettamente inferiori, ma anche piccoli imprenditori del Nord Italia, che molto più realisticamente trasferiscono famiglia e azienda nella vicina Svizzera.

L'inversione di tendenza in Italia può avvenire solo con un radicale ridimensionamento del peso fiscale e normativo che come un maglio pesa sul mondo del lavoro. Renzi la smetta di trastullarsi con anglicismi vuoti di contenuti quali il “jobs act” e dia avvio ad una politica di riforme liberali che riducano il costo del lavoro, riportandolo a livelli di concorrenzialità in Europa, avvii una politica di riduzione della pressione fiscale. Solo così l'Italia potrà ritrovare per le nuove generazioni un futuro che non sia fatto di disoccupazione o di forzata emigrazione.