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sabato 30 novembre 2013

MORTE DELLA DEMOCRAZIA

Governo del Popolo, è la traduzione letterale dal greco dell'usuale termine "democrazia".
Questo dovrebbe essere la politica in una nazione moderna e non autoritaria. In Italia era da tempo che si intuiva come le Istituzioni fossero sempre più scollegate dal Popolo e dunque sempre meno rappresentative della società. E' la cosiddetta "Casta", moderna trasformazione del feudalesimo medioevale. Vi è un potere piramidale vessatorio - chiamato impropriamente federalismo fiscale - che ora sta inaridendo l'economia nazionale e impoverendo le famiglie; unici a ingrassare - anche fisicamente, nelle istituzione vi è un'elevata percentuale di pance! - sono i componenti della Casta, dal Parlamento, passando per i consigli regionali, giù sino ai Comuni.
Le "larghe intese", ossia l'innaturale alleanza di destra e sinistra - o di quello che ne rimane di queste due grandi categorie del pensiero -  nate sull'emergenza economica con  il Governo Monti e sopravvissute dopo le elezioni della scorsa primavera, sono la negazione delle idee, dei progetti e dell'azione di governo. Sono il compromesso per il mantenimento fine a se stesso di un potere fatto di  lottizzazione e di innumerevoli privilegi a partire da quelli personali (retribuzioni, pensioni con parametri ben al di sopra della media e inimmaginabili per i cittadini), sino a quelli del proprio clan di appartenenza (vedi nel caso Ligresti il peso dell'amicizia con un Ministro); dei benefit per i servizi a prezzi poco più che simbolici all'interno dei palazzi (ristoranti, parrucchieri, telefonia, spese postali,ecc.); delle tariffe agevolate o gratuite su voli, autostrade, trasporti aerei o ferroviari.
Il Popolo è ormai stremato dalle continue vessazioni, che portano via ogni liquidità residua alle aziende, impedendo loro assunzioni, investimenti e competitività. Tutto è giustificato in nome della necessità di ridurre il debito pubblico. Ma chi li ha fatti i debiti? Non certamente le famiglie o le categorie produttive bersaglio ormai da troppo tempo di continue vessazioni fiscali predatorie da parte delle istituzioni. I responsabili di questo malgoverno sono gli stessi che impongono sempre più tasse; loro o i loro sponsor di cui gli stessi tempo addietro erano gregari o portaborse.
Il Governo Letta nasce con l'appoggio di una coalizione sinistra-destra e ora dopo il passaggio all'opposizione della componente di destra, il Presidente del Consiglio in carica non sente il dovere morale di verificare se ha ancora la fiducia delle Camere. E' stato il Presidente della Repubblica a ricordargliene l'opportunità, almeno per salvare l'apparenza della democrazia. Nel suo delirio di "salvatore della Patria" Letta subordina la verifica parlamentare ad un fatto interno del suo partito, ossia le elezioni primarie del PD. Oggi, purtroppo, l'Italia è nelle mani di una sinistra incapace e burocrate che dopo aver occupato lo Stato in tutte le sue articolazioni, dalla scuola alla magistratura, sta attuando una politica economica disastrosa.
Dati studio UIL - Grafica tratta da www.signoraggio.it
E la "Casta" appare ancora più evidente dal faccione pasciuto di Angelino, il quale serafico occupa insieme agli altri transfughi del centrodestra i posti in un Governo, ove non rappresentano null'altro più che se stessi. L'industria della politica politicante che nulla produce se non il proprio tornaconto e l'incremento del debito pubblico, che si pretende poi risanare con il sacrificio di lavoratori e imprese, occupa ormai più di un milione di persone, 1.128.722 secondo un recente studio della UIL.

mercoledì 27 novembre 2013

SPLENDOR ...O MISERIE DI UN TEATRO?

"My Fair Lady " è andata in scena al Teatro Splendor di Aosta. Grande e bello spettacolo, brava compagnia teatrale, ottimi attori e strepitosi ballerini; l'unica stonatura è l'inadeguatezza del teatro.
Dopo 15 milioni di euro spesi, per il restyling di una struttura già esistente, e 20 anni di attesa era d'obbligo attendersi un teatro moderno, funzionale e con capienza adeguata a rendere remunerativi all'organizzazione gli eventi. Nulla di tutto ciò si è concretizzato nella ristrutturazione dello Splendor. 
Il rinnovato teatro aostano, pensato inizialmente con almeno mille posti, il minimo per garantire remuneratività per l'allestimento di spettacoli di buon livello, ne conta poco più di 500 replicando così i limiti delle altre sale già esistenti in città. Posti, tra l'altro, non tutti fruibili per i madornali errori di progettazione che ne rendono almeno una cinquantina semiciechi, tra questi la quasi totalità delle due balconate laterali  e le due ali superiori della galleria. In tutta la regione solo la vetusta e ormai prossima alla dismissione tensostruttura di Saint Vincent - detta Palais - ha una ricettività superiore ai mille posti, contandone ben 1.600. Pensare che l'Aosta romana contava di un Teatro con quasi quattromila posti e di un Anfiteatro con una capienza di circa quindicimila spettatori!
All'insufficienza della sala si aggiunge l'inadeguatezza degli spazi di scena: un palco sottodimensionato e problematico per gli allestimenti, dei camerini insufficienti per numero e dimensioni. Tali carenze degli spazi di scena e delle quinte, non percepibili dagli spettatori, sono stati evidenziati pubblicamente a fine spettacolo dall'attore protagonista.
La progettazione e l'allestimento del teatro sono carenti sotto molti altri punti di vista: non c'è la classica campanella che avvisa l'imminente inizio dello spettacolo; la pavimentazione bicolore con andamento alternato, crea ingannevoli e pericolosi effetti ottici soprattutto sulle scale; le balaustre in vetro della galleria ripetute sui tre camminamenti creano un fastidioso effetto visivo su parecchie file di poltrone, situazione poi amplificata dal riflesso delle luci di sicurezza poste sull'alzata dei gradini. Altro grande assente è la gestione, manca un sopraintendente e tutto è gestito direttamente dalla burocrazia regionale.
Il bar interno è chiuso, i servizi igienici della galleria sono privi di acqua. Gli arredi spogli e di dubbio gusto, le pareti disadorne con una rifinitura che ricorda la colla che rimane sui muri dopo che cadono le piastrelle. Peccato, ancora una volta la Regione ha perso un'occasione per realizzare un'opera pubblica all'altezza delle aspettative e investire oculatamente i denari pubblici.
Il Teatro Splendor si aggiunge così alle numerose inadeguatezze e brutture che caratterizzano gli interventi pubblici sul territorio aostano: le desolanti piazze Narbonne e Caveri, il mostro di pilastri che occulta i reperti archeologici di Saint Martin, l'infelice riconversione delle aree industriali dismesse dallo stabilimento Cogne, il deturpante intervento sulle e sotto le Porte Pretoriane. Questi citati sono solo gli ultimi esempi in ordine di tempo, l'elenco, infatti, potrebbe continuare con la Villa Romana di Regione Consolata, l'ex chiesa di San Lorenzo, il quartier Cogne Cogne, ecc..
Dalla monumentale Aosta romana siamo purtroppo decaduti all'obbrobriosa Aosta contemporanea. Non stupiamoci, poi, se la Città di Aosta è stata esclusa dal concorso europeo per le capitali della cultura.

sabato 2 novembre 2013

Giustizia ad personam? Solo a fini umanitari!

L'interessamento dell'allora Presidente del Consiglio Berlusconi presso la Questura di Milano nei confronti della minorenne Ruby, ivi in stato di fermo, è sfociata nelle note vicende processuali che lo vedono imputato. 
La legge sarà uguale anche nel caso della Ministra della Giustizia Cancellieri che a più riprese si è interessata di un'imputata eccellente, Giulia Ligresti ? Spero vivamente di sì, anche se ho molti dubbi che ciò accada.

La Procura torinese definisce "arbitraria e priva di ogni fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari a circostanze esterne". 
Rimane comunque il fatto che poco dopo tale interessamento - giustificato dalla Ministra come innocente e dovuto a spirito umanitario - l'imputata Ligresti è stata scarcerata e ha ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute, senza che il suo avvocato presentasse istanza in tal senso!
Tralasciando il casuale intreccio di relazioni tra i Ligresti e la famiglia della Cancellieri - il cui figlio è stato per poco più di un anno direttore generale di Fonsai, ricavando una buonuscita di circa 4 milioni di euro - rimane il fatto che la Ministra ha il vizio di interferire con azioni ad personam su questioni giudiziarie individuali. Nemmeno un mese fa nel pieno del dibattito politico sull'ipotesi di concedere l'ennesimo indulto o amnistia per reati puniti sino a quattro anni, la Cancellieri si affrettò a precisare che Berlusconi - fresco di condanna a quattro anni - non ne avrebbe beneficiato.
Ora, in nome di una giustizia uguale per tutti sarebbe opportuno che il Ministro Cancellieri rassegnasse le dimissioni per poter seguire le sue inclinazioni "umanitarie" o - forse più correttamente, visti i due contrastanti episodi sopra ricordati - più semplicemente le sue "umane" simpatie.

venerdì 11 ottobre 2013

GIUSTIZIA IN SALDO TRA AMNISTIA E INDULTO

Aministia o indulto: è questo il deprecabile modo di risolvere ciclicamente e temporaneamente i problemi della giustizia in Italia.
I cittadini perbene si domandano sempre più spesso chi rappresenti e soprattutto chi difenda uno Stato siffatto, che non garantisce servizi pubblici efficienti, che soffoca il ceto produttivo con una tassazione esagerata e che non tutela neppure la sicurezza dei cittadini.
Il "Gover-No" Letta forte dell'invito quirinalizio di Napolitano sembra ormai aver imboccato con entusiasmo risolutore la strada dell'ennesimo colpo di spugna nei confronti di quella che è impropriamente chiamata microcriminalità (furti, borseggi, vandalismo, spaccio di droga, ecc.); è questa, invece, la delinquenza che nella realtà quotidiana incide negativamente sulla qualità della vita degli italiani.
Di riforme strutturali della giustizia si continuerà a parlare vacuamente sino al prossimo colpo di spugna. 
Eppure il periodo di crisi economica e il degrado delle nostre aree urbane suggerirebbero di rilanciare misure alternative alla detenzione con una profonda revisione dei Lavori di Pubblica Utilità sul modello americano o nord europeo. Ogni amministrazione pubblica dovrebbe avere uffici strutturati per reclutare tali lavoratori a costo zero. Oggi, purtroppo, i LPU  per le modalità con cui vengono gestiti sono occasioni sprecate sia per la comunità sia per il tentativo di infliggere una pena alternativa significativa e non proforma.
In coda a questo scenario non può non suscitare ulteriore indignazione - per lo stravolgimento continuo che la politica fa del concetto di giustizia - la dichiarazione pubblica rilasciata dal Ministro di Grazia e Giustizia, il quale ha rassicurato (?) che "amnistia o indulto non si applicheranno a Berlusconi". Strano modo di gestione ad personam della giustizia, in netto contrasto ai principi del diritto, riassunti dal motto che campeggia in tutte le aule dei Tribunale d'Italia "La legge è uguale per tutti"!

mercoledì 26 giugno 2013

Dinastie politiche? No Grazie!

La notizia è di quelle che ti lasciano più che perplesso: Marina, la figlia primogenita di Berlusconi, candidata dal padre alla successione politica di se stesso.
Non entro nel giudizio sulle qualità personali, umane, professionali, ecc. di Marina Berlusconi, le quali peraltro non conosco. Mi limito ad una considerazione: le dinastie, se si escludono - ma nemmeno poi tanto - quelle delle monarchie, appartengono alla sfera dell'imprenditoria privata. La rappresentanza di un area politica, numericamente significativa come il centrodestra, non può passare come un affare di famiglia; se non lo capisce il quasi ottuagenario capostipite passi pure, ma almeno lo capisca con un forte "No grazie" l'erede designata. Diversamente Marina Berlusconi dimostrerebbe di non avere il DNA liberale che vorrebbero farle rappresentare!

domenica 9 giugno 2013

Etroubles si candida a rappresentare l'Italia e sbaglia il tricolore

L'adesione del comune di Etroubles all'iniziativa “Comune fiorito” è sicuramente positiva. Delle modalità grafico-pubblicitarie di adesione non può dirsi altrettanto. Con incredibile mix di distrazione e ignoranza l'Amministrazione comunale ha esposto l'iniziativa con un'immagine che nelle intenzioni dovrebbe rappresentare la bandiera italiana; peccato che i colori siano stati invertiti, facendoli iniziare dal rosso.
La gaffe è ancora più eclatante se si pensa che il Comune di Etroubles è uno dei i due candidati nazionali - insieme alla cittadina umbra di Spello - che rappresenterà l'Italia alla selezione europea 2013 di “Entente Florale”.
Possibile che a partire dal tipografo nessuno si sia accorto dello svarione?
L'inversione delle bande verticali non trova conforto neppure volendo risalire nella datata e complessa storia del tricolore, che a futura memoria di tipografi e Amministratori “distratti” riassumo brevemente nelle righe seguenti.

Breve storia del Tricolore a uso dell'Amministrazione comunale di Etroubles e... non solo!

«La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni». Così sancisce l'articolo 12 della Costituzione.
Le origini, però, sono molto più lontane nel tempo e risalgono alla prima campagna d'Italia di Napoleone, ancora giovane generale dell'esercito rivoluzionario francese. Il tricolore, con ordine dei colori ancora casuale e non predefinito, fa la sua prima comparsa nelle fila della Legione Lombarda che affiancava l'esercito invasore di Napoleone Bonaparte.
Bandiera Repubblica Cispadana 1796
Nel 1796 i colori rosso, bianco e verde posti in orizzontale diventano la bandiera della Repubblica Cispadana.
Il bianco e il rosso venivano dallo stemma comunale di Milano (come il blu e il rosso della bandiera francese erano i colori simbolo di Parigi), mentre il verde era il colore della guardia civica milanese. Il primo tricolore come oggi lo conosciamo nasce l'anno successivo, nel 1797 con la nascita della Repubblica Cisalpina, nata dalla fusione della Repubblica Cispadana e Transpadana e durata sino alla restaurazione operata dal Congresso di Vienna 1814-1815.

Il tricolore ricomparve, poi, durante tutti i moti d'indipendenza, dal 1831 sino al 1848, sventolato dai fratelli Bandiera come dalla Giovine Italia di Mazzini. Successivamente Carlo Alberto di Savoia, nel proclamare la prima guerra d'indipendenza il 23 marzo del 1848, annunciò al popolo «per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le Nostre Truppe portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana». 
Questo è il tricolore, che rappresenta l'Italia; altre combinazioni cromatiche sono solo colori senza dignità  patria e, dunque, inadeguati a rappresentare l'identità nazionale!

lunedì 3 giugno 2013

LA MITOSI UNIONISTA E IL FALLIMENTO DELL'AUTONOMIA

La politica valdostana è difficile da capire e ancor più da spiegare.
Le terze elezioni regionali del terzo millennio hanno visto concorrere tre movimenti di area unionista. La casa madre Union Valdotaine, la già consolidata ALPE - frutto della scissione di ormai otto anni fa - e la neonata Union Valdotaine Progressiste. La sommatoria dei voti di queste tre formazioni raggiunge la ragguardevole percentuale del 65%.
Nel 2003 l'Union Valdotaine nella sua unitarietà raggiungeva "soltanto" il 45%, incrementando di ben due punti e mezzo il risultato del 1998, nonostante la precedente legislatura avesse visto scoppiare lo scandalo dei ritiri calcistici e dell'organizzazione delle mostre, sfociato poi con l'arresto di un Assessore e di un funzionario e le dimissioni del Presidente della Regione. Cinque anni dopo, alle elezioni del 2008, con la scissione VdA Vive-Renouveau che diede poi vita ad ALPE, l'area unionista (U.V. più scissionisti) aumentava al 56,87%. Alle odierne elezioni del 2013 l'area unionista sempre più frantumata (U.V. - ALPE - U.V.P.) raggiunge quota 65,09%. 
La fase finale della mitosi
Sembra di assistere al processo di crescita cellulare per mitosi, attraverso il quale ogni cellula dividendosi di fatto si moltiplica.
In dieci anni l'area unionista è aumentata del 20%, nonostante le scissioni e i pessimi risultati nella gestione delle risorse pubbliche: dalla Ferrovia al Casinò di Saint Vincent, alle opere pubbliche incompiute (Aeroporto, trenino Cogne-Pila, Palaghiaccio Ayas, area megalitica, Torre dei Balivi, Area Cogne ...); nonostante i fallimenti della politica degli insediamenti industriale (Olivetti Jet, Tecdis, Balzano ...), i benefit persi (buoni benzina e generi alimentari in esenzione), ecc.. Altro dato su cui riflettere sono i condottieri di queste scissioni; uomini tutt'altro che vergini alla politica, anzi personaggi di primissimo piano nella scena politica regionale e uomini di potere che hanno ricoperto ruoli di grande responsabilità. La prima scissione aveva come ispiratori Roberto Louvin e Carlo Perrin, entrambi ex Presidenti della Regione, più volte assessori con tre legislature regionali nelle fila dell'Union Valdotaine, la seconda scissione ha come protagonisti Laurent Vierin, assessore per due legislature, e Luciano Caveri, Parlamentare di lungo corso, Presidente della Regione e più volte assessore. Personaggi questi poco adatti a rappresentare il nuovo e il cambiamento, soprattutto se si considera che quando avevano il potere di cambiare non l'hanno fatto!
Contrariamente ad ogni logica elettorale, che vede nelle scissioni l'inizio di una crisi con conseguente diminuzione dei consensi per l'area di riferimento, nell'elettorato valdostano si crea un effetto calamita verso i "fuoriusciti". La crisi economica, pur evidenziando l'inefficacia del sistema valdostano, alimenta paradossalmente il convincimento che solo entrando sotto l'ombrello clientelare si possa superare il momento di difficoltà. Gli scissionisti conquistano così consenso anche fuori dall'area di riferimento e la casa madre U.V. permane partito di maggioranza relativa.
Gli scissionisti unionisti vengono percepiti come l'alter ego del medesimo sistema, attirando così nuovi consensi da parte di coloro i quali non erano stati precedentemente beneficiati e sperano ora di ottenere i favori dal nuovo soggetto politico. Parte dell'elettorato valdostano vede dunque una continuità tra casa madre U.V. e scissionisti e individua in questi ultimi l'opportunità per entrare a far parte del giro dei nuovi favoriti.
Il fenomeno denota irrazionalità ed immaturità civica ed è indice dell'attitudine del'elettorato valdostano a preferire la sudditanza conveniente piuttosto che l'alea della libertà. Tale conclusione, d'altronde, trova  conferma nei dati dell'economia valdostana, fortemente dipendente dalle decisioni di palazzo regionale, non solo in termini di pubblico impiego, ma anche e soprattutto nell'ormai importante peso nell'economia valdostana svolto dalle società pubbliche a partecipazione regionale e nell'effetto che entrambi i centri pubblici determinano nei settori imprenditoriali - appalti - e professionali - consulenze e incarichi - ai quali si somma il settore pubblico controllato dalla regione (Sanità, Scuola, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale).
Il dato elettorale è anche la conferma che il cambiamento politico-amministrativo in Valle d'Aosta non può avvenire per "mitosi"; le scissioni non creano nuove prospettive, ma solo vecchie illusioni!
Il rischio finale è che prima del collasso endogeno del sistema, per l'incapacità ad autorigenerarsi, si assista ad una grossa coalizione unionista nel disperato e vano tentativo di evitare il fallimento dell'Autonomia valdostana.

sabato 25 maggio 2013

GOVERNO TENTENNA: alLetta solo i partiti

Il Governo Letta, nato sull'onda dell'emergenza istituzionale e delle larghe intese per dare risposte concrete ed immediate, sta assimilandosi sempre più ai tradizionali governi nazionali della cosiddetta prima Repubblica. 
Pasticci normativi, indecisioni e rinvi a date remote ne sono i tratti caratterizzanti. 
Dopo le tante aspettative per la sua abolizione la vicenda IMU si è risolta in una grande confusione sfociata in una sospensione - classica non scelta all'italiana - tardiva e limitata solo alla prima casa, senza affrontare il nodo dei rincari di aliquota introdotti con tale tassazione sugli immobili in generale. La scelta governativa ha creato ulteriore burocrazia, poiché i contribuenti che utilizzano il modello 730 per dichiarare i propri redditi dovranno rifare la dichiarazione fiscale e in alcuni casi avviare complicate procedure di compensazione.
Anche sul fronte delle scelte etiche indifferibili, ossia abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, il Governo letta esprime tutta la sua inadeguatezza. E' di queste ore l'annuncio di un provvedimento normativo che eliminerà solo dal 2016 l'erogazione di denaro pubblico. Peccato che quando si tratta di aumentare le tasse o tagliare l'età pensionabile le scelte siano sempre con efficacia immediata se non addirittura retroattiva. Ma la tempistica è ancora più vergognosa se si pensa che nel 1993 - vent'anni fa! - gli italiani avevano abrogato il finanziamento pubblico ai partiti, i quali l'avevano poi reintrodotto con il distinguo esclusivamente lessicale di rimborso elettorale: un euro per ogni voto, per ogni anno di legislatura.
Dalla fallimentare seconda  Repubblica del bipolarismo - più da sindrome patologica che da schieramento politico - siamo retrocessi nel peggior pantano della prima Repubblica post boom economico, il Governo del tiriamo a campare, che alletta solo i partiti!

sabato 4 maggio 2013

ROSSO-NERO E ... VERDI. Allo Splendor va in scena la ...strumentalizzazione politica!

La notorietà di Giuseppe Verdi non è solo legata a quella di essere stato un grande compositore musicale del 1800 e un volto noto nel secolo successivo per aver a lungo occhieggiato dalle banconote da mille lire. La sua persona fu, anche, celebrata e invocata nel risorgimento italiano per inneggiare all'unità nazionale. Le lettere del suo cognome, infatti, erano l'acronimo di Vittorio Emanuele Re D'Italia. Il motto "W Verdi" dilagò, così, in tutto il nord Italia. 
A oltre 150 anni da quella nobile "strumentalizzazione" l'illustre compositore viene nuovamente arruolato dalla politica, questa volta di piccolo cabotaggio di "Chez-Nous". 
Ecco che nel teatro fantasma aostano dello Splendor, a due mesi dalla sua inaugurazione - e successivo silenzio - è andato in scena in unica serata un "concertino" a tre voci, non meglio identificato e intitolato "per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi". L'evento è promosso con tanto di inviti dal Presidente del Consiglio regionale, nonché candidato alle elezioni regionali del 26 maggio; le spese, ovviamente, sono a carico del bilancio regionale.
La coincidenza di date è sospetta non solo per il concomitante periodo elettorale, ma anche e soprattutto per la data in cui è stata fissata la celebrazione; Giuseppe Verdi, infatti, è nato sì 200 anni fa, ma il 10 ottobre!
Miserie della politica valdostana che ha quale unico metro di misura la crescita non del benessere e dell'economia regionale - lo Splendor continua a non avere alcuna gestione (v. su queste pagine Lo "Splendor" ... dell'Autonomia appannata), ma la crescita del consenso personale su base clientelare. 
Ora non ci resta che attendere il prossimo rito-trito politico per veder riaprire brevemente il sipario del teatro Splendor.
Nel frattempo i valdostani potrebbero rilanciare l'evocazione a Verdi, nel senso di "Va Effettivamente Riaperto Dopo l'Inaugurazione" il teatro Splendor, ovviamente!

domenica 28 aprile 2013

GOVERNO Sì, MA POI?

A cinque mesi dalla sfiducia al Governo Monti e a due mesi dalle elezioni l'Italia sta per provare il secondo governo della sua storia repubblicana guidato da esponente della sinistra "doc". Il primo fu quello di D'Alema, nei suoi due incarichi consecutivi che restò in carica 18 mesi, sostenuto da una maggioranza politica di centrosinistra, così come quelli guidati dall'ex democristiano Prodi. Ora, invece, si tenta la via tedesca della "Grosse Koalition", tutti appassionatamente insieme sull'onda della gravità della situazione internazionale ed italiana.
Dopo il governo tecnico Monti, sostenuto dalla sinistra e dalla destra con l'obiettivo di superare la bufera finanziaria, ora si assiste ad un governo che il neo Presidente  del Consiglio - Enrico Letta - definisce politico e di lunga durata, con il convinto appoggio del PdL, che schiera tra i Ministri, oltre al suo Segretario Alfano, uomini di primo piano. Meno entusiastico pare, a giudicare dai nomi coinvolti, l'appoggio del P.D. che deve ancora metabolizzare i fallimenti della gestione Bersani, culminata con le dimissioni dello stesso.
Il quadro non convince, poiché se il termine politico ha un senso di scelte non può esserlo un governo che rappresenta visioni e soluzioni totalmente differenti e contrastanti, salvo pensare che Grillo abbia ragione quando attacca il sistema dei partiti affermando che sono tutti uguali e d'accordo a mantenere il loro potere di casta.
Potrebbe essere questo un governo politico solo se fosse nato dall'accordo di traghettare fuori dall'emergenza istituzionale l'Italia, cambiando quelle regole necessarie a sbloccare la nostra democrazia. I concetti sono noti e già espressi su queste pagine (v. IL CORAGGIO DELLA RESPONSABILITA'), ma giova sinteticamente ribadirli: riduzione dei parlamentari, taglio dei costi della politica, riforma sistema elettorale - con preferenza unica - abolizione di finanziamenti e/o rimborsi pubblici ai partiti - su questi due ultimi punti si era già espresso in tal senso il popolo con due referendum- abolizione delle Province.

In questa situazione di assenza di una maggioranza politica, il Governo, anziché fondarsi sul manuale Cencelli dei nomi dei Ministri,  avrebbe dovuto fondarsi su un accordo - questo sì politico - di condivisione di un percorso ben delimitato di riforme istituzionali-costituzionali e di alcuni urgenti interventi di politica economica. Poi, una volta riscritte le regole del gioco democratico, rimettere il giudizio al Popolo sovrano con nuove elezioni.
Una soluzione siffatta - da praticare con un Presidente del Consiglio prestigioso, ma non uomo di partito di primo piano - avrebbe potuto decollare, già l'indomani del voto con il coinvolgimento anche del M5S, il quale tirandosi indietro avrebbe evidenziato tutta la sua irresponsabilità. Si sarebbero, così, guadagnati due mesi e si sarebbe potuto ringraziare e congedare l'ottuagenario (88 anni!) Presidente Napolitano, senza obbligarlo a fare il salvatore della Patria con un insostenibile secondo mandato dovuto alla negligenza e all'irresponsabilità dimostrata dai maggiorenti dei partiti.
Insomma, il Governo Letta è una soluzione non da terza Repubblica, bensì degna della prima, ove i tempi della politica risultavano lunghi e incompatibili con le esigenze ed emergenze della nazione, ma estremamente utili ai giochini di palazzo. In quegli anni poi l'opinione pubblica veniva emotivamente distratta dalle stragi e dal terrorismo dilagante - così da lasciare alla politica politicante tutto il tempo per le sue estenuanti trattative lottizzatrici. L'esordio di Enrico Letta non è dei più felici e gli spari innazi a Palazzo Chigi non sono sicuramente ben augurali.  
Siamo alla solita soluzione all'italiana, tardiva, pasticciata e dagli esiti incerti. Il programma verrà definito nelle sue linee generali nelle prossime ore, mentre le soluzioni concrete ai temi di programma individuato saranno oggetto di successivi incontri.
La sensazione e che di politico nella soluzione Letta ci sia solo l'accordo tra i partiti a tirare a campare e che sui temi si assisterà a inconcludenti confronti-scontri, l'esatto opposto di quanto aveva bisogno l'Italia!

giovedì 25 aprile 2013

P.D. ossia Pigliattutto Dovunque

La sinistra con un terzo del consenso occupa tutte le cariche istituzionali: Presidente della Repubblica, Presidenti di Camera e Senato, Presidente del Consiglio incaricato. E' il solito senso della democrazia e del pluralismo ereditato dalle loro origini comuniste, ove per governare  non è necessario essere maggioranza, ma è sufficiente occupare - non importa come - le leve del potere a prescindere da ogni altra considerazione. In questa ottica chi si oppone è nemico della loro concezione deviata di democrazia. 
L'attuale situazione di stallo politico - tre blocchi politici sostanzialmente equivalenti dal punto di vista numerico -  avrebbe consigliato di dare l'incarico a formare il governo a un uomo di area e non ad uno schierato come Enrico Letta. A due mesi dal voto nè M5S, nè PD hanno dimostrato senso di responsabilità e dello Stato. Nessuna di queste forze ha accettato la proposta del centrodestra di un governo a termine di larghe intese finalizzato a riforme istituzionali e costituzionali (riduzione numero parlamentari, soppressione di ogni finanziamento ai partiti, eliminazione delle Province, modifica della legge elettorale). Si è perso tempo prezioso, accrescendo la situazione di crisi  socio-economica, si è persa la grande occasione di portare a reale compimento le riforme, che a parole tutti teorizzano.

domenica 14 aprile 2013

Benvenuto, dott. Ingroia, nel profondo Nord!

Il magistrato Ingroia, dopo la - per lui - deludente parentesi elettorale, riprenderà servizio in Valle d'Aosta in funzione di P.M. . Ogni tentativo da lui attuato per evitare la Valle d'Aosta è stato vano. Annus horribilis per Ingroia il 2013, sconfitto nelle sue aspettative sia politiche, sia professionali. 

Ma stia tranquillo, dott. Ingroia, la Valle d'Aosta è ben diversa da quella patinata che appare sui media!

Qui, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 un suo predecessore - Mario Vaudano, allora procuratore capo - coniò la definizione di mafia di montagna. Dall'esperienza di Ingroia nel contrasto alla mafia e alle sue infiltrazioni nei gangli della pubblica amministrazione la Valle d'Aosta non potrà non trarne giovamento. La Valle d'Aosta, oltre ad essere terra di soggiorno obbligato per mafiosi di vario calibro, ne è anche scuola di perfezionamento. La mafia del sud, infatti, è molto primitiva e usa ancora mezzi inquinanti - piombo - che sporcano; qui al nord, invece, si usa il nobile "argent", che tutto silenziosamente  tacita. Il risultato è un velo opaco che uniforma il sistema Valle d'Aosta non nel segno dell'interesse pubblico, bensì di quello politico clientelare, ove tutto si muove su di un apparente tran tran amministrativo ben ordinato. Coloro che non stanno alle regole di questo sistema politicamente invasivo si trovano emarginati dall'enorme sistema socio-economico regionecentrico. A volte capita che il segnale debba essere più forte e così, soprattutto, nei cantieri edili accade che nottetempo alcuni automezzi vadano a fuoco. Di tutti questi roghi sino ad oggi l'unica certezza giudiziaria acquisita è che non si tratta di autocombustione!
In questo contesto si assiste al paradosso che il partito del particolarismo localistico esasperato, l'Union  Valdotaine, è diventato punto di attrazione della maggioranza dei meridionali, i quali sono una componente numericamente non indifferente della popolazione valdostana. È un pò come se gli extracomunitari votassero in massa Lega Nord!
Benvenuto, dunque, nel profondo nord - dott. Ingroia - ove scoprirà, infine, che la Valle d'Aosta - in estate calda quanto la Sicilia - è talmente diversa da quel nord che lei immagina che le sembrerà di non essersi mai mosso dal suo amato sud!

lunedì 8 aprile 2013

LeALI ai valori liberali del centrodestra




In Valle d’Aosta la Politica, da avanguardia di Democrazia e culla nobile dell’Autonomia, ove si aveva il confronto di idee e di proposte, è degenerata e degradata a dannosa commistione d’interessi pubblici e affari personali e trasversali ai partiti e agli stessi schieramenti politici.

Oggi nella nostra Regione è necessario ritrovare una dimensione etica che rimetta l’interesse pubblico al centro dell’azione di governo, al fine di tutelare la libertà e i diritti individuali di ogni cittadino.

In Valle d'Aosta l'area liberaldemocratica, in seguito al tradimento dei valori e principi liberali operato dalla dirigenza valdostana PdL, è rimasta orfana di un progetto politico coerente.

L'imminente appuntamento elettorale del 26 maggio per il rinnovo del Consiglio Regionale ha indotto i sostenitori di tali valori a formulare una proposta politica di alternativa al sistema clientelare e fallimentare delle forze cosiddette autonomiste, colmando il vuoto lasciato dall'abbandono di campo del PdL.

La costituzione della lista < LeALI > vuol essere per l'elettorato di centrodestra un punto di riferimento certo, fondato sulla lealtà politica e, dunque, sull'indisponibilità ad ammiccamenti e a ballottaggi elettorali filo-unionisti come, invece, già dichiarato dal PdL regionale.




domenica 31 marzo 2013

DEMOCRAZIA BLOCCATA E GOLPE BIANCO


Il nuovo Parlamento, uscito dalle urne del 25 febbraio scorso, è un aborto politico. L'impossibilità di creare una maggioranza politicamente omogenea e coerente può giustificarne la sopravvivenza solo per riformare - con un gesto di responsabilità - se stesso e le regole del "gioco politico".  La volontà di fare le riforme - sistema elettorale, riduzione parlamentari, taglio costi politica, ecc. - a parole da tutti  auspicate non pare essere nei fatti interesse comune in tutte le forze politiche. Il più lungimirante è ancora una volta Berlusconi, l'unico disponibile a larghe intese che consentano di affrontare alcuni nodi urgenti, riformando le regole fondamentali della politica, per poi andare al voto. PD e M5S, ignorando la prima regola della democrazia - i numeri - rifiutano ogni dialogo e pretendono di imporre la loro linea minoritaria. 
Così mentre la miopia politica di alcuni condiziona i destini dell'intero sistema Italia in affanno tra tasse, burocrazia e crisi, il Presidente della Repubblica inventa soluzioni irrituali - i 10 saggi - che di fatto travalicano il dettato costituzionale e  rischiano di creare ulteriore confusione ed indecisione. Napolitano ripercorre la strada del commissariamento della democrazia, già attuata con il governo tecnico del Prof. Monti, spingendosi peraltro ben oltre e creando i presupposti di un governissimo del Presidente o meglio di un colpo di stato bianco da parte del Presidente stesso, che si autoinveste di funzioni esecutive non attribuitegli dalla Costituzione. Siamo ormai all'emergenza non solo istituzionale, ma anche socio-economica e l'irresponsabilità di PD e M5S rischiano di innescare scenari imprevedibili. 
In francia nella primavera del 1789 l'impasse istituzionale sfociò su impulso del deputato Joseph Ignace Guillotin nel giuramento della Pallacorda: era l'avvio della Rivoluzione francese.

domenica 24 marzo 2013

Berlusconi e la Valle ... degli stambecchi

La battuta di Berlusconi sul magistrato-politico Ingroia - destinato alla sede di Aosta - "ora farà le intercettazioni agli stambecchi" è purtroppo indice di quanto poco egli conosca la Valle d'Aosta, che probabilmente considera ancora bassa Savoia.

Egli non conosce la complessa realtà valdostana, peculiare non soltanto per la sua autonomia, ma anche per essere una delle regioni italiane a alto rischio di infiltrazioni mafiose e per avere il record di una classe politica tra le più corrotte. Cinque Presidenti di regione caduti sotto inchiesta della magistratura! Le condanne per reati contro la pubblica amministrazione in Valle d'Aosta non sono preclusive a ricoprire posti di responsabilità pubblica, anzi sono semmai titoli di merito che consentono longevità politica. In Vallée "il sistema" non usa il vil piombo, che fa rumore e sporca, ma il nobile "argent" che tutto tacita in ovattati silenzi e compiacenti sorrisi.

Ridurre la Valle d'Aosta agli stambecchi - peraltro rinomata e nobile capra - non è ironizzare su Ingroia, bensì denigrarne l'intera popolazione - o almeno la sua parte onesta - dimostrando né di conoscerla, né di volerla capire. Peccato che Berlusconi in vent'anni di attività politica non abbia mai messo piede in Valle d'Aosta se non da turista, poiché si sarebbe altrimenti accorto, tra le altre cose, che qui il suo PdL è stato da un pezzo tradito nei suoi valori e principi. Il PdL è stato venduto - a sua insaputa - da una classe dirigente spregiudicata e attenta solo ai propri interessi, in nome dei quali alle ultime elezioni politiche non ha neppure presentato il simbolo PdL - caso unico tra tutte le circoscrizioni - e ha appoggiato candidati autonomisti che ora in Parlamento sono da tutt'altra parte politica rispetta al centrodestra!

sabato 16 marzo 2013

IL CORAGGIO DELLA RESPONSABILITA' - In attesa della terza Repubblica

A 20 giorni dal voto la classe politica - anche e soprattutto quella più nuova - sta dimostrando ancora una volta tutta la sua inadeguatezza rispetto alle necessità e alle aspettative della nazione. L'impasse creato dal risultato elettorale, che non consente una maggioranza politica di area omogenea, di fatto imputa a tutti i parlamentari eletti di tutti gli schieramenti una pari responsabilità nell'individuare una via d'uscita che consenta di governare l'Italia.
Assemblea Costituente: 25-6-1946 prima seduta

La situazione attuale, se sicuramente non consente un programma di governo politico in senso di omogeneità programmatica-ideologica, in realtà offre una occasione unica e irripetibile di mettere finalmente mano alle riforme da tutti invocati, ma mai portate a reale compimento, avviando una nuova fase Ri-Costituente.

Le forze politiche devono individuare le indispensabili riforme politiche e costituzionali necessarie a far decollare effettivamente la terza Repubblica, che inizierà solo dopo la XVII legislatura che è ancora la coda velenosa della seconda Repubblica. Vanno affrontati i temi sui quali a parole tutti sono d'accordo, affinché con ampia maggioranza  - e dunque con eguale distribuzione di ogni riflesso elettorale! - si proceda alle necessarie revisioni  istituzionali e costituzionali. Una legislatura breve, dunque, con un programma corto ma di assoluto rilievo e rinnovamento; poi di nuovo al voto con una assetto istituzionale nuovo e adeguato ai tempi.

Questi i temi ineludibili dai quali non si può prescindere, se si vuole effettivamente far ripartire lo sviluppo dell'Italia: 
  1. Riforma elettorale, improntata ad un sistema che garantisca la governabilità e la rappresentatività delle minoranze; reintroduzione della preferenza limitata ad una sola; aumento dei collegi per ridurne la dimensione, al fine di facilitare la rappresentatività e contenere le spese;
  2. Abolizione di ogni meccanismo di finanziamento o di rimborso pubblico ai partiti;
  3. Dimezzamento del numero dei parlamentari, limite ai mandati;
  4. Superamento del bicameralismo perfetto, modifica del meccanismo di composizione del Senato; 
  5. Soppressione dell'istituzione della Provincia e delle Comunità Montane, formalmente più volte aboliti, ma in realtà tuttora in esercizio;
  6. Riduzione degli emolumenti agli eletti in tutti i livelli di rappresentanza;
  7. Revisione e completamento del modello federale e dei vari livelli di competenza;
  8. Riforma organica del sistema giudiziario;
  9. Individuazione di criteri per l'accorpamento obbligatorio dei micro-comuni;
  10. Individuazione di un tetto ai compensi dei manager delle banche, delle società pubbliche e  di quelle che usufruiscono di aiuti di stato a qualsiasi titolo.
Solo affrontando con slancio e responsabilità "costituente" questi temi si creeranno i presupposti della governabilità e dello sviluppo dell'Italia. Ad ora, purtroppo, non sembra che le forze politiche abbiamo capito la gravità della situazione socio-economica del sistema Italia e continuano irresponsabilmente le loro schermaglie da campagna elettorale. Anche i nuovi protagonisti della scena politica - M5S - sembrano non aver ancora compreso che dopo il momento della protesta è necessario imboccare quello della responsabilità!

lunedì 4 marzo 2013

Lo "Splendor" ... dell'Autonomia appannata

E' imbarazzante parlare del teatro Splendor di Aosta per la lievitazioni dei costi, da 12 miliardi di lire previsti a 15 milioni di euro spesi, per i venti anni di ritardi  impiegati per ristrutturarlo, ignorando le esigenze di parcheggio della potenziale utenza, dimenticando le grondaie sulla tettoia in vetro sovrastante l'ingresso ... Sicuramente un primato - negativo - rispetto ai lavori di ristrutturazione effettuati in teatri blasonati quali la Fenice di Venezia, ristrutturato in circa sei anni, o la Scala di Milano in meno di tre anni.

mercoledì 27 febbraio 2013

IL VOTO VALDOSTANO OLTRE IL RISULTATO. Crollo UV-SA, dimezzati PD e ALPE, dilaga M5S,diaspora Centrodestra


I risultati elettorali in Valle d'Aosta, al di là dell'apparente vittoria della maggioranza autonomista che governa la Regione, evidenziano un dimezzamento dei consensi per la coalizione unionista.
I dati più significativi, infatti, sono il crollo di consensi della coalizione che ha vinto, la quale - allargata al PdL - partendo da un teorico 56,36% ha raccolto solo il 25,37%. Una perdita secca di consensi in termini assoluti di 23.850 voti. Un vero tracollo se si considera che  quasi 14 mila sono i voti che avrebbe dovuto portare in dote il PdL, il cui peso elettorale finale, invece, è stato tendente allo zero virgola o poco più; salvo che si voglia sostenere che i 18.376 voti raccolti dal neo eletto Deputato siano composti dai quasi 14 mila voti conseguiti nel 2008 dal PdL e che solo i residui 4 mila siano riconducibili all'area autonomista. Un tale ragionamento pare però alquanto difficile da sostenere!

venerdì 22 febbraio 2013

AL VOTO, AL VOTO! il peggior voto è non votare

Il voto fa la differenza tra un cittadino, che può esprimere il suo giudizio, e un suddito a cui ciò è precluso. Il non voto è tutto fuorché una protesta contro l'esistente, anzi ha l'effetto esattamente contrario di favorire lo status quo. Si consideri, inoltre, che qualsiasi elettore anche il più indeciso sa individuare il candidato peggiore che non voterebbe mai, ma, non andando a votare, tale candidato peggiore si avvantaggerà di un voto di scarto in meno rispetto agli altri candidati. Anche in questo caso l'effetto è esattamente opposto a quello auspicato dalla protesta del non voto. Ma non sempre la scelta di voto è facile!